Le Api





Cupido il ladro di miele
Albrecht DÜRER 1514
 Penna e inchiostro e acquerello su carta, Museo Kunsthistorisches di Vienna, 22x31cm


L
e api sono da sempre particolare emblema di operosità e per via della produzione del miele tenute in grande considerazione tra i popoli delle antiche civiltà.
La loro società è stata da sempre studiata e ammirata per il suo modo di procedere, per le specifiche relazioni che intercorrono tra i vari membri dell’alveare, per la dedizione al lavoro e l’importanza dei ruoli.
Molti filosofi dell’antichità greca presero d’esempio questo tipo di società per confrontarla con quella a loro attuale concludendo che quella delle api fosse notevolmente superiore.
Le api entrarono anche all'interno di un altro aspetto filosofico che era quello dell’ANIMA.
L’anima è un’immagine, un fantasma, una rappresentazione, un riflesso, una luce.
L’anima viene da fuori ed esce continuamente, come il fiato, come le api dell’alveare.
Entra come uno sciame di api in un alveare vuoto, costruisce il favo, vi raccoglie il miele e all'improvviso se ne va, proprio come le api abbandonano l’alveare.
Virgilio scrive che le api, a volte, portano la malattia nell'alveare se all'esterno vengono in contatto con veleni e malanni, finiscono per infettare l’intero favo.
Allo stesso modo, le persone la cui anima contiene troppe esperienze terribili possono tenersi dentro la MALINCONIA.
La malinconia è “Il demone del meriggio” che fiacca le membra e agita la mente, viene definita anche inerzia o pigrizia compulsiva.
Nella medicina dei semplici troviamo che la melissa, sovrana del cervello e fortificante della memoria, oltre a togliere la melanconia ha anche la capacità di attirare le api favorendone l’impollinazione: è proprio per questa caratteristica che gli antichi apicoltori la chiamavano PIMENTO DELLE MOSCHE DA MIELE.
Il suo nome botanico deriva dal greco MELITA che vuol dire APE.
Nel medioevo sembrava che le foglie di melissa sfregate sugli alveari vuoti fossero in grado di attirare nuove famiglie di api.


Tratto da: Michel Pastoureau Bestiari del Medioevo (2012 Einaudi)